Giorgio Bertelli

Disegni e libri 1979

 

dal 13 settembre al 19 ottobre 2019
dal giovedì al sabato ore 15:30 - 19:30

La mostra si propone di presentare gli esiti di quarant’anni di attività di Giorgio Bertelli, artista visivo ed editore, attraverso l’esposizione di un’antologia di disegni e di una selezione di libri pubblicati dalle sue Edizioni l’Obliquo.

Il percorso dell’artista è caratterizzato dalla realizzazione di opere, prevalentemente su carta, organizzate in cicli declinati negli anni in direzioni apparentemente lontane tra loro, ma riconducibili in realtà al filo conduttore di una poetica coerente e riconoscibile.

L’attività di artista visivo si è incrociata e sovrapposta sovente con quella editoriale: molti sono i nomi di narratori e poeti che appaiono nel catalogo delle Edizioni l’Obliquo, e che parallelamente hanno commentato e descritto i disegni di Bertelli.
In mostra verranno presentati circa 150 lavori.

Il percorso sarà introdotto da due carte del 1979 e si chiuderà con alcune opere del 2019.
Sarà inoltre esposta un’esaustiva panoramica degli oltre 300 libri pubblicati dalle Edizioni l’Obliquo, alcuni dei quali accompagnati dall’opera grafica che ne ha caratterizzato l’edizione di testa.
Durante la mostra sarà proiettato il video Abitare il vento di Gianluca Ceresoli e Marco Jeannin, produzione cinqueesei, agosto 2019.

“In ogni comunità sono cresciuti dei funghi strani e misteriosi carichi delle spore dell’estensione culturale, normalmente estranea al “Circolo Pickwick” dell’omologazione con cui fa pace con se stessa.
Giorgio è uno di questi, chissà se più stranito ed informe di altri, ma quelle spore scintillanti le vedi senza titubanza non appena lo contatti anche da lontano.

Opera di minuzia e cesello la sua, fatta di poco ma che vale molto.

Nasce come artista e lo vedi dalle sue serie eccitate che sono un excursus vivace nello spirito e nelle meditazioni sui testi sacri che io, mea culpa, conosco poco essendomi nel tempo e nei suoi confronti entusiasma- to per un altro lato delle sue intenzioni.

Giorgio in effetti è stato un editore, anzi no, questoè poco ed ha il sapore di un trafficante di testi ed im- magini, è stato un perfetto coniugatore tra la culturae l’arte con una visione circonflessa estrapolata da sécome solo un artista può fare.

È stato un uomo che in tutta questa sua attività ha sollecitato gli incontri sia di testi parchi che monumentali con il mondo immaginifico del valore esteticodella nostra contemporaneità.
Sta forse in ciò l’obliquità che lui ha voluto fosse matrice delle sue produzioni, che l’intervento dell’ar- tista non fosse mera illustrazione ma il ritratto traslato dello scrittore.

I nomi sono tanti e molti importanti, ma non è questo che conta, è nello scavare con gesti pacati e giudiziosa parsimonia negli anfratti anche dimenticati del grande bacino culturale della letteratura, la poesia e la saggistica internazionali.

A volte piccole estensioni del pensiero degli autori che, forse proprio per ciò, sono le più solide e sentite del loro universo.
Gli artisti, tutti d’eccezione, hanno fatto il resto, hanno compiuto l’obliquità.
Ora sembra aver concluso questo andamento lento ed eccitato assieme ma silenzioso che a me, a dire la verità, piaceva molto, per scegliere più solidi altari dove forse quell’obliquità mentale non c’è più lasciando posto a produzioni più complesse e chissà, forse più importanti, ma lasciando nell’animo dei suoi estimatori la mancanza della sua aria fragile ma così determinata nell’aver costruito un mondo più per sé cheper gli altri.

Mi onora il fatto che abbia scelto nel tempo passato anche una mia piccola produzione letteraria, un libelloche fino ad allora era stato un’eccezione tra gli argomenti dei miei scritti, tutti centrati tra l’arte e gli artisti, ma credo che avesse bisogno di una destinazione di quel tipo, un mondo pacato ma acuto per stemperare i tormenti delle protagoniste.”

Piero Cavellini settembre 2018

“Caro Giorgio,
mi chiedi un testo di presentazione per una tua mostra. Ci ho pensato su e mi son detto che non avrei potuto scriverlo se non in forma di lettera affettuosa. Per due motivi: il primo è che tra noi si è instaurato un rapporto di stima e successivamente di amicizia, che ormai si sono fuse. Il secondo è che, pur essendo due personalità così diverse, ho trovato una similitudine tra noi per come ci muoviamo in campo professionale. Quel che ci accomuna è l’eclettismo, giocare su due piani inclinati che si sovrappongono, si accavallano, si sopraffanno talvolta, in costante pericolo di collisione fra loro: io gallerista e pure teatrante e scrittore, tu editore e pure artista visivo.

Per te il mestiere dell’editore ha prevalso in termini di notorietà su quello dell’artista. Allo stesso modo che la mia fama di gallerista d’avanguardia supera la mia fama di performer e regista.
Da una vita mi batto per affermare la mia indipendenza d’autore. Mentre, posso sbagliarmi, io ti vedo più sereno di me nell’impersonare i due ruoli.

Come piccolo editore di qualità, io che ho pubblicato con Vanni Scheiwiller me ne intendo, hai mostra-to fiuto e passione. I nomi degli scrittori e degli artistiche compaiono nelle tue collane sono tra i migliori italiani. E così i poeti che ti cercano e ai quali tu tendi la mano. Non a caso è stato Valerio Magrelli, al quale erano piaciute le mie quartine, a presentarmi a te.

Via via che ci conoscevamo si è creata fra noi una simpatia spontanea basata su un’umanità di fondo. È stato allora che mi hai timidamente mostrato alcuni cataloghi di mostre con i tuoi disegni, alcuni realizzati per illustrare i libretti che editavi. Ho subito visto in te un disegnatore dotato di un segno forte. I tuoi soggetti ricorrenti, teschi, croci, bucrani, ex-voto, vulcani in eruzione sgorgano da un magma interiore allo stato puro che si riversa dalla matita sulla carta senzaun filtro razionale. Come sai non essendo un criticod’arte né tantomeno uno psicoanalista non mi azzardo a scandagliare oltre.

Nel finale di questa mia missiva mi viene in menteun ulteriore aspetto che ci avvicina: è curioso, entrambi non vestiamo borghese. Banditi cravatta, giacca, pantaloni ben stirati, vestiamo in modo studiatamente trasandato, da artisti, diciamo. Tu la maglietta a righe da gondoliere la indossi come una seconda pelle. Io non mi vedo senza il foulard al collo stile anni sessanta. Non volendo ci siamo costruiti ognuno il proprio personaggio.
Non più in cerca d’autore!

tuo
Fabio Sargentini”

“A ripercorrere la lunga parabola, peraltro tuttora vi- talmente in atto, di Giorgio Bertelli editore e pittore, salta all’occhio la presenza costante di una doppia bi-polarità: quella tra secco e molle, ossificato e viscido, pietrificato e fluido; e quella tra eros e thanatos, dove ilsecondo termine del binomio appare dichiarato a pri- ma vista mentre il primo si nasconde e ha bisogno ditempi lunghi per affiorare. Se ci si limita a uno sguar-do di superficie, considerando che tra 1986 e 2018 ilNostro è tornato per ben tre volte a illustrare i ver- setti di Qohélet, «il testo più disamorato e nichilista della tradizione biblica» (Massimo Raffaeli), si sarebbe portati a rilevare un’ossessione attorno al tema e allefigure del Nulla e della Morte. E così, in effetti, è. Mail baleno che s’inarca tra il nulla originario e il nulla postumo che incorniciano l’esistenza di ogni creaturasi chiama vita; e, per quanto probabilmente anch’essa«vita offesa dalla modernità» (Adorno), la vita, perso- nale e artistica, di Giorgio Bertelli è colma di affetti, tensioni, passioni, gesti, dedizioni e lavoro che, an- che se in ultima istanza risulteranno vani come tutto è vano sotto il sole, tuttavia, nei brandelli d’esistenza che ci toccano – dobbiamo considerarli un dono? o al contrario una punizione? –, aggregano senso, dispen- sano conforto, leniscono ferite, arricchiscono i cuori, nutrono le sfere del pensiero e del sentimento. Del resto, quanto più si è consapevoli di essere provviso- riamante scampati, nascendo, al Nulla cui torneremo, tanto più sappiamo che in quell’intervallo tra un Nulla e un Nulla sfolgorano «giardini di sogno / dove alberidorati / fioriscono» – scrive Qohélet. E proprio Qohé-let, in una grandiosa contraddizione che sarà anche di Leopardi, ne addita la struggente bellezza, della vita, quel «vortice di vento», quello «strano soffio», quei«fantasmi / inganni» in cui luccica e traluce, pur nella vanità di ogni cosa e pur nella landa estrema del nega- tivo, un bagliore che lo spinge, il disincantato autore biblico, a profferire un violento, sanguigno carpe diem(«Prendi il piacere / afferralo // nei momenti felici / non porti domande // spoglia il tuo giovane / corpo e mostralo // verranno i giorni / in cui ti coprirai / vergognandoti / e chiederai: // perché fui bello».) D’altra parte è proprio la bellezza del dettato poeticoe filosofico di Qohélet che, come quello di Leopardi, paradossalmente nega l’assunto ideologico della nega zione. Come se la potenza e il fulgore della Parola, nel mentre che afferma il Nulla, al Nulla protestasse una sua totale irriducibilità. Come se solo nella ne- gazione e nella sofferenza si annidassero le fonti che danno luce al vivere. Torna in mente Fortini quando nella prefazione alla lettura loliniana dell’Ecclesiaste,pubblicata da Bertelli nel 1998, dice dell’«inganno verbale che si cela dietro ogni pretesa di negazione assoluta», constatando come ogni «negazione assoluta stabilisca un’area, quella del locutore, che è silenzio- samente esentata dalla negazione». Tornano in mente alcuni versi dei Tre lai di Giovanni Testori, nei qualialla straziata Mater Strangosciàs un angelo viene a dire«che dal dolor più desperado, / dal dolor / che pare possibil no tegnire, / dal dolor che la vita / spingisce,ecco, a finire, / […] può surgere un senso»…”

Sandro Lombardi

Giorgio Bertelli è nato a Brescia nel 1957.

Espone per la prima volta nel 1981 presso la galleria Studio 80 di Aldo Bresciani.
Tra i suoi cicli di disegni, documentati in volume, ricordiamo il mio Qohèlet (1986), Golgota (1988), Piccolo Requiem (1992), Notti senza fine (1992), Tenebrae Responsories (1994), Ma l’amor mio non muor (1994), Piccola suite per Malcolm Lowry (1996), Dolcissimo nero: per Malcolm e Philip (1996), Il mio nuovo Ecclesiaste (1998), Giobbe (1998), Dalla serie paesaggi con figure assenti (2002), Scuro, come i miei occhi (2003), 12 p.m. (2005), L’Oriente risplende di rosso (2009), Florilegio (con Giosetta Fioroni) (2010); in Mobilia (1996) è riassunta la sua produzione di mobili dipinti, in Terre calde (1999) quella di ceramiche e terracotte.

Con Gianni De Martino ha pubblicato L’ultima lettera di Vlad il vampiro (1993), con Francesco Scarabicchi Via Crucis (1994), Diario di Càlena (1995), Brume (1999), con Vincenzo Consolo Isole dolci del Dio (2002), con Attilio Lolini Decorazioni della notte (2004), Variazioni sull’Ecclesiaste (2017), con Kenneth White Nella terra del diamante (2005).

Ha scritto e illustrato una favola per bambini, Nino in soffitta (Medusa, 2001).
Un’ampia documentazione sul suo lavoro è in Giorgio Bertelli: Via Crucis e altri disegni (a cura di Maurizio Cecchetti, Electa, 2000).

Suoi lavori sono apparsi su quotidiani e riviste, tra cui “Europeo”, “Oggi”, “Avvenire”, “Panta”, “Linea d’ombra”, “La terra vista dalla luna”, “Barbablù”, “Nostro lunedì”, “Rifrazioni”, “Alias”.

Affianca all’attività di pittore quella di editore, avendo dato vita nel 1985 alle Edizioni l’Obliquo, i cui libri sono stati presentati in importanti sedi espositive internazionali (MoMA, New York; Biennale, Venezia; Documenta, Kassel).

 

Per l’occasione è stato realizzato un catalogo in 200 copie numerate, con testi di Piero Cavellini, Sandro Lombardi e Fabio Sargentini.
I primi 20 esemplari contengono una stampa fine art firmata e numerata.